venerdì 16 marzo 2007

LEGGENDE - 1


LA PIETRA DI SANTO STEFANO



L’inverno, in Alta Valsesia, era in passato un insieme di consuetudini per la gente che passava le lunghe ore comprese tra quando si faceva buio e l’ora di andare a letto; in questo tempo i familiari ed i vicini si raccoglievano davanti al fuoco e, mentre si aggiustava il rastrello in attesa del periodo del fieno, ci si dedicava al racconto dei piccoli eventi della quotidianità, passando dalle varie lamentele al ricordo di persone emigrate. Il tutto mentre fuori tutto era occupato dalla neve e dal gelo, che attutivano ogni rumore calando tutta la valle in un impenetrabile silenzio.
La leggenda narra che, in un imprecisato passato, nelle case di Valmaggia, paese “parallelo” a Cravagliana ma in Val Grande, durante una di queste serate d’inverno simile a tante altre, la discussione si spostò a riguardare i Santi: più di una voce era giunta a Valmaggia, di viandanti che assicuravano come nel Comune di Cravagliana, i vicini separati soltanto da una montagna stavano vivendo ripetuti benefici, sfociati in eventi miracolosi, grazie alla venerazione dei numerosi Santi presenti nella Chiesa Parrocchiale di Cravagliana, in particolare ad opera di Santo Stefano.

Queste voci fecero agitare gli abitanti di Valmaggia per una sorta di gelosia, in quanto a Valmaggia non vi erano reliquie da venerare mentre a Cravagliana, complice la presenza della Parrocchia più antica della ValMastallone, non mancavano, come non mancavano gli eventi miracolosi ad essi legati, almeno stando alle voci che rapidamente si diffusero sino a Valmaggia. Da questi discorsi emerse una proposta, che gli abitanti di Valmaggia considerarono l’unica possibilità per avere un Santo da venerare e dal quale ottenere i tanto sperati benefici: rapire il busto di S.Stefano da Cravagliana e trasportarlo sino a Valmaggia.

Spinti dalla forte motivazione un gruppo di persone si offrì volontario, noncurante delle fatiche che l’impresa svolta in pieno inverno potesse comportare; fu così che una domenica pomeriggio il gruppo raggiunse Cravagliana, attraversando la bocchetta del Faut (o bocchetta di Valmaggia) e scendendo in Frazione Cà Nera, recandosi subito in Chiesa. Dopo essersi accertati che la Parrocchiale fosse deserta, presero il busto di Santo Stefano e, nascondendolo in un mantello, lo portarono all’esterno, dirigendosi subito sulla via del ritorno.

Attraversato il Mastallone si diressero verso la bocchetta per ritornare in ValGrande; lungo il tragitto i portatori del busto trafugato si accorsero che stava succedendo qualcosa di molto strano: ad ogni passo il peso della statua aumentava e ben presto la reliquia divenne impossibile da trasportare. A nulla valsero i ripetuti tentativi di procedere con il trasporto e, nonostante la ragione dicesse loro quanto fosse improbabile ciò che stava accadendo, decisero di abbandonare l’impresa; quindi, dopo aver abbandonato il prezioso busto ai piedi di un faggio, si diressero verso Valmaggia, ancora storditi dallo stupefacente episodio. Giunti a Valmaggia resero conto dell’impresa fallita ed allora un gruppo di scettici decise di tornare a recuperare il busto, constatando di persona che muovere la statua dai piedi di quel faggio era impossibile; per alcuni giorni molti abitanti di valmaggia ci provarono, ma nessuno riuscì a smuovere il Santo neppure di un solo passo.

Intanto a Cravagliana arrivò la domenica e i fedeli delle frazioni a valle del capoluogo, nel recarsi alla Santa Messa, notarono nei boschi sottostanti la bocchetta di Valmaggia un faggio che, sebbene immerso nel bianco manto invernale, appariva verde e rigoglioso come in piena primavera. Questo scatenò un forte stupore nelle persone che mai avevano assistito ad un’immagine del genere e corsero in paese a raccontare e cercare possibili spiegazioni. A Cravagliana il Pievano spiegò loro che una cosa del genere poteva essere solamente parte di un miracolo, forse l’ennesimo miracolo dell’amatissimo Santo Stefano; convinti di questo i fedeli entrarono in Chiesa con l’intenzione di omaggiare con la preghiera il Santo e fu in questo istante che si accorsero della mancanza del busto dal suo altare. Dopo alcuni attimi di smarrimento, ci si organizzò per cercare la statua e, nel tentativo di ragionare sulle varie cause della sparizione, a più di una persona venne in mente di collegare la sparizione con l’inspiegabile comparsa del faggio in piena fogliatura. Così molte persone partirono, quasi in processione, con l’intenzione di raggiungere il faggio; arrivati a destinazione fu enorme la gioia di trovare, proprio ai piedi del faggio, la tanto amata statua in perfette condizioni; quindi si ripartì in processione per riconsegnare alla chiesa di cravagliana il busto di Santo Stefano, che da quel giorno fu ancora più amato e venerato dai cravaglianesi e le cui gesta arricchirono le voci di paese, sino ad entrare nella leggenda e giungere sino a noi.


La pietra di Santo Stefano è un sasso, situato in un bosco tra la Frazione Canera e la Bocchetta di Valmaggia, sul quale sarebbe stata appoggiata la statua di Santo Stefano e che riporta la sua impronta. La pietra si trova dove la leggenda indica la presenza del faggio che ha contribuito al ritrovamento della reliquia.


La leggenda è ripresa in un affresco presente in una Cappella intitolata a Santo Stefano, situata sul bordo della strada Provinciale all’altezza della ex fabbrica Poli, poco prima di arrivare a Cravagliana, raffigurante il faggio verde immerso nel gelo e la processione della gente di Cravagliana verso di esso alla ricerca della preziosa statua.


Sotto un'immagine di Santo Stefano (cliccando qui potete trovare la storia ufficiale del Santo Martire), il cui busto si può ammirare all'interno della Chiesa Parrocchiale di Cravagliana.




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